Intorno

Quando Marco ha bisogno di capire come è fatto un ambiente, si muove, usa tutti i sensi, tranne uno: la vista. Esplora “al buio” ciò che ha intorno, annusa, ascolta, tocca (in questi ultimi due anni un po’ meno a causa della pandemia), quando può assaggia e fa domande.

È bravissimo a fare domande.

Marco non lo fa per un particolare vezzo. Marco è non vedente e proprio per questo dice di ‘sentire’ molto bene. Sono d’accordo con lui, sente il mondo in modo molto più ampio, diversificato, e spesso, più profondo di altri.

Si è allenato a usare in modo particolare l’immaginazione. Prima raccoglie ciò che riesce con i 4 sensi e le domande, poi allarga la sua percezione aggiungendo particolari, immagina ciò che non può vedere appoggiandosi a ciò che ha raccolto.

Anche quando interagisce con le persone, Marco, si prende il tempo per allargare la percezione rispetto a quali siano gli obiettivi della sua interazione.

In questo periodo mi dice che sta usando la frase: “Preferisco vedersi dal vivo che fare una call” e poi attende la reazione “ci sono quelli che stanno zitti, quelli che ridono, spesso percepisco dell’imbarazzo – prosegue – la settimana scorsa una cliente mi ha detto che lei di solito tiene la telecamera spenta ma nel mio caso avrebbe fatto un’eccezione, siamo scoppiati a ridere insieme!”.

“E io me la sono immaginata in un bar, all’orario dell’aperitivo con un’ottima birra davanti, insieme a cinque o sei amici che si sparano frecciatine. Gioca a tennis, sogna la carriera e vuole costruire la sua felicità in modo semplice: una casa tutta sua con giardino, fiori, una cucina spaziosa e un compagno. Odia stare sola, ma per avere compagnia le potrebbe bastare anche solo il suo pesce pagliaccio. Ci tiene a dire che l’ha preso prima che la Disney inventasse Nemo.”.

Marco non conosce così bene quella ragazza, forse non la conoscerà mai così bene come l’ha immaginata. La stessa cosa accade a noi, quotidianamente: una risposta, qualche dettaglio, un paio di ore sul treno insieme possono bastare per raccogliere informazioni tangibili ma non così tanto da tracciare un profilo.

Non mi è mai successo di andare in vacanza con un prospect, o anche solo a bere qualcosa nel locale sotto casa.

Però posso immaginare dove ama andare in ferie e quale sia il suo drink preferito.

Quando dobbiamo raccontare storie efficaci è necessario che usiamo la nostra immaginazione, la nostra percezione. Serve per trovare quel terreno comune sul quale incontrare il pubblico giusto.

È utile per aumentare i punti di contatto tra noi e gli ascoltatori ampliando, di fatto, i ganci emozionali, empatici e simpatici.

Una pericolosa alternativa è confinare l’ascoltatore nei nostri obiettivi di vendita o di comunicazione. Costringendolo dentro una storia solo nostra, ego-riferita, che non lo vede protagonista e forse nemmeno partecipe.

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